La grande fonte uichipedica narra che la Keef Hartley Band suonò a boscoriserva perché, nella gestione del budget per gli ingaggi, dopo aver preso tutta una serie di nomi con la N, la J, la W e altre iniziali maiuscole, e bisognava far quadrare i conti.
Allora si misero a cercare gruppi che potessero suonare per meno, anche se non mi risulta che ci siano gruppi che abbiano suonato per la gloria o gratis per la pace nel mondo.
E quindi abbiamo Keef, che è la pronuncia di “Keith” in certi accenti inglesi, così come dicono “I fink” per “I think”. Magari cento di voi conosceranno già il gruppo di cui in oggetto e -se lo conoscete- ci terrei a contarvi.
La KHB ci propone oggi un repertorio rock blues che a Sassari -che cito essendo stata classificata quarta in una classifica mondiale sulla qualità della vita legata al clima-direbbero “come si tocca”. Veramente serio: wah wah a nastro nel secondo pezzo, fiati, soggetti a tema. Tutto ciò che non fa altro che accrescere la stima che dobbiamo avere per la terra di Albione sul versante musicale.
Sentendo i gruppi “minori” ti rendi conto che gli artisti maggiori (tanto per ricordare quelli passati a boscoriserva in tre settimane: Joe Cocker e gli Who, ma altri ne seguiranno nella rubrica) erano punte di un iceberg musicale imponente e che ancora -nonostante il conclamato cambiamento climatico in corso- non si è sciolto.
Il grande tubo condivide vari brani del gruppo, ma non ho trovato esibizioni dal vivo. Le foto che scorrono comunque ci danno un’idea buona di quelle che erano le atmosfere nella mente del Keith minore -pensando al Richards come un Keith maggiore- e dei suoi colleghi, e in particolare la passione per il grande Ovest americano.
Anche il testo non è reperibile, e mi scuserete se -nell’economia della mattinata- non ho modo di trascrivervelo. Se volete, si fa un po’ per uno.