Con un brano che invita alla sobrietà nelle relazioni (“dei tuoi party, cosa vuoi che me ne importi”) o che forse sottende il poco interesse per una specifica civiltà dell’antico Medio Oriente, Vea da Torino ha fulminato il pubblico già nella prima serata: pensavo ad Aliso Moyet, che però è due volte Vea come fisico, ma non come voce.
L’ukulele lo studiamo meglio la prossima volta, perché era sommerso dal magma sonoro degli orchestrali.
Per rivedere la presentazione del festival, rimando all’articolo di sabato scorso (due giorni fa, ma sembrano due settimane).
Se devo scegliere se andare a sentire Giorgia o Vea (con o senza Piazza Boves Orchestra al posto del James Taylor Quartet), mi sa che vado a sentire Vea: