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Molto campo, pochi campi – molti campi, poco campo

Verso una riduzione del digital divide: una voce dalle colline metallifere.

Chi più, chi meno, siamo tutti connessi nella matrice di web e cellulari. Qualche pesce riesce ancora a nuotare fuori da questa rete, ma sono specie relativamente rare, almeno alle nostre latitudini. Ma…

Mentre sul fronte della comunicazione mobile si comincia a sentire parlare di 4G, con velocità dichiarate di collegamento magnifiche e progressive, e la possibilità di scaricare in tempo quasi reale film, intere discografie e altre overdosi di informazione, in alcune parti d’Italia ci si confronta ancora nel quotidiano con una realtà diversa.

Quasi tre anni fa mi sono trasferito in modo stabile in una zona che conoscevo già abbastanza bene, ma in cui non avevo mai lavorato: le colline metallifere grossetane. Non ho linea fissa. Arrivando da 40 anni di residenza in zone urbane, mi sono dovuto confrontare con una copertura del segnale a dir poco ballerina, sia per i dati che per la voce….come sintetizzai una volta con un mio amico milanese che mi chiedeva come andava: “qua,molti campi, poco campo…costà molto campo, pochi campi”.

Il segnale è più debole, aleatorio, e spesso assente. Il risultato è che la linea va e viene, e non è sempre semplice condurre una conversazione. Poco danno se è con la suocera che ti cerca per parlare di colori delle cravatte, ma se si tratta di clienti o fornitori, magari sarebbe meglio poter avere la sicurezza di una comunicazione più affidabile.

Che fare? la creatività si scatena. Rilievi palmo a palmo in casa per cercare l’angolo con la ricezione migliore. Vitali teleconferenze di lavoro con la California, tenute sul ciglio di un tornante tra Roccatederighi e Meleta, perché ti chiamano mentre sei nelle curve e se ti sposti di trenta metri la linea cade. L’anno scorso mi trovai a partecipare a un’altra conferenza web stando due ore in macchina durante una nevicata, perché ero ospite da amici dove il telefono non prendeva.

Certo, non è un contesto di disagio estremo, però può capitare la volta che sarebbe importante poter comunicare senza rischio di “buchi”.

Un annetto fa, sperimentai una soluzione che potrà essere ovvia per molti, ma garantisco non essere scontata per tutti, sulla base del mio personale campione di popolazione.

Tutti i telefonini e smartphone che ho avuto modo di provare escono dalla fabbrica impostati per utilizzare la rete più veloce disponibile (nel mio caso 3G/UMTS). Se voi, utenti di telefonino consapevoli, selezionate la rete più vecchia (2G/GSM), otterrete il risultato empirico di avere un collegamento più lento, ma più stabile.

Altro effetto non secondario: il vostro telefono consumerà meno batteria, che non guasta mai. Quando poi scendete dal poggio e vi ritrovate in città, potete tranquillamente ripristinare l’accesso alla rete 3G, e quindi godere -tra gli altri svaghi degli ambienti urbani- della banda più larga. Se proprio vi serve!

Con questo non predico il ritorno al piccione viaggiatore, o la riedizione del Micro Tac da mezzo chilo: sia per motivi professionali che familiari spero vivamente che la situazione della copertura di rete mobile in Alta Maremma vada un poco a migliorare, senza togliere a chi lo cerca il piacere di conservare posti dove non ti possono importunare via cellulare.

[articolo inizialmente scritto per la testata online Opinion’s Post (poi chiusa)]

“L’Italia illustrata e descritta con una rassegna delle sue condizioni passate e le sue prospettive future…”

Un milione di immagini messe a disposizione di chiunque e per qualsiasi uso dalla British Library

Il titolo non vuole aprire un saggio impegnato e complesso sulla realtà nazionale, ma è un esempio di una delle didascalie delle immagini recentemente rese disponibili sotto pubblico dominio dalla biblioteca nazionale del Regno Unito.

La prestigiosa British Library, con un patrimonio di oltre 150 milioni di beni in inventario, ha chiuso il 2012 con una strenna molto interessante in particolare per chi segue il tema dell’informazione libera, ma sicuramente curiosa anche per il grande pubblico: ha pubblicato sul proprio account flickr oltre milione di immagini estratte da una selezione di volumi digitalizzati ed elaborati con il progetto definito ” http://mechanicalcurator.tumblr.com/ “curatore meccanico”. Il curatore meccanico è costituito da una serie di algoritmi che procedono costantemente a scandire il patrimonio digitale della biblioteca (attualmente di circa 65000 volumi) e ad estrarne immagini.

Non è facile sintetizzare il catalogo che ne è risultato: paesaggi da ogni latitudine, ritratti, mappe, diagrammi, loghi e timbri derivati da testi pubblicati tra i primi del 1600 e i primi del 1900…uno dei testi più recenti è giusto un italiano (Antropologia generale. Lezioni su l’uomo secondo la teoria dell’evoluzione … raccolte e pubblicate … da G. Raverdino e G. B. Vigo , del 1911).

A ogni immagine è associato il titolo del testo da cui è estratta, l’anno di pubblicazione, l’autore, la pagina del testo e altre informazioni accessorie ma…l’algoritmo non è in grado di dire nulla sul contenuto dell’immagine stessa…per fortuna diremmo noi.

Ed è qui che i British Library Labs, il gruppo che nella biblioteca si occupa di valorizzazione delle collezioni digitali, chiamano in causa esperti e volontari: annunciano infatti che il prossimo passo sarà la creazione di un sistema di crowdsourcing tramite cui chiunque potrà suggerire l’aggiunta di tag alle immagini, e quindi migliorare le possibilità di interrogazione. Il sistema poi sarà in grado di andare a cercare immagini simili a quelle classificate con il supporto dei “curatori in carne e ossa” e    così gradualmente rendere più fruibile la miniera di informazioni disponibile in questo archivio.

L’altro aspetto non trascurabile circa questo parco di immagini è che sono rese disponibili sotto pubblico dominio, potete quindi andare liberamente a riutilizzarle e modificarle come più vi piace: una manna per grafici in cerca di fonti rétro, creatori di antologie e più o meno giovani interessati a un uso produttivo della rete.

Attendiamo con curiosità gli sviluppi di questo progetto nel 2014, e vi invitiamo a dedicare una mezz’ora di un pomeriggio piovoso a consultare l’archivio su flickr (http://www.flickr.com/photos/britishlibrary) per vedere l’effetto che fa.

http://farm3.staticflickr.com/2862/11066186043_a11df0f5cc_h.jpg

Relazione sulle due giornate “Cultura, Ambiente, Innovazione libera: opportunità per il territorio e integrazione di risorse diverse” (CAIL 2012)

come grafica per gli eventi, avevo preparato due manifesti. La prima giornata si intitolava “Cultura, ambiente: opportunità per il territorio”, la seconda “innovazione libera: integrazione di risorse diverse”.

Affiancando i manifesti delle due giornate (come nei film di fantasy dove si ricompongono due metà di un medaglione e si sprigionano poteri misteriosi), si aveva un terzo manifesto con un terzo titolo, che richiamava quello del primo convegno CAIL nel 2008 a Ribolla.

al via la Breve Storia della BuioMetria Partecipativa (BSD-BMP)

Da oggi affiancherò agli ormai “tradizionali” branobag, una ridotta serie di articoli riguardanti una breve storia della BuioMetria Partecipativa (o BMP).

Per quelli di voi che ancora non conoscono questa vicenda: che cosa è la buiometria partecipativa ? E’ un progetto internazionale, avviato nella primavera del 2008, per la sensibilizzazione sul problema -e sulle soluzioni- dell’inquinamento luminoso e, in parallelo, un progetto internazionale di monitoraggio ambientale partecipato.

Per quelli di voi che già la conoscono abbastanza: vi siete chiesti che cosa è la BuioMetria Partecipativa, OLTRE a quello che è per chi non la conosce ?

L’obiettivo di questa breve serie di articoli non è rispondere a quest’ultima domanda, ma condividere con il maggior numero di persone possibile un quadro condiviso su questo progetto.

Il quadro condiviso sarà tinteggiato con una sintesi dei principali episodi della BMP, utile data la mole di informazioni reperibili sul sito ufficiale del  progetto, e con alcune considerazioni e aneddoti che sul sito non sono pubblicati, ma che mi farà piacere condividere, in quanto co-autore del progetto.

Una volta condiviso tutto questo, e non ci vorrà molto, poi magari qualcuno proverà anche a rispondere alla domanda “OLTRE” (io mi sono dato una risposta non più di un mesetto fa, dopo oltre quattro anni di impegno in questo senso, e avendoci messo quattro anni e mezzo, non è che la posso spiattellare qui in due articoletti di un qualsiasi blog di provincia).

Per seguire la breve storia della BuioMetria Partecipativa (BSD-BMP), sintonizzatevi quotidianamente su questo blog, oppure seguite direttamente gli articoli classificati con la categoria BSDBMP.

Non c’è un piano editoriale scolpito nella pietra, ma punterò ad arrivare a un punto entro il 22 novembre 2012 (se no poi mi dicono di stringere, come già capita).

ALTRI DETTAGLI IMPORTANTI:

  • la “BSDBMP” non vuole costituire un documento ufficiale del progetto BuioMetria Partecipativa. La documentazione ufficiale del progetto è reperibile sul sito, ed è pubblicata dall’associazione di promozione sociale Attivarti.org
  • tutta la breve storia della buiometria partecipativa viene pubblicata sotto licenza Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0.  Qualora foste interessati a riutilizzare sia materiale del progetto BMP, che eventualmente materiale tratto dalla “breve storia…”…se non sapete bene come utilizzare le licenze Creative Commons, scrivete prima.
  • Se trovate articoli anche in inglese, non vi spaventate…è che la BMP è non è una storia solo italiana…
  • per qualsiasi commento/proposta/nota scrivete all’autore della breve storia:Andrea Giacomelli detto pibinko –  info@pibinko.org.

Grazie per l’attenzione e buona lettura

CREDITS

Il logo della BuioMetria Partecipativa è opera di Anne Ghisla



Brano bag del 20-10-2012: microchips and sinking ships

Parlando di innovazione, e essendosi confrontati meno di 24 ore fa sul tema dell’uso poetico della cartografica, come non ricordare quattro simpatici ragazzi da New York, New York:

Sometimes I feel – a volte mi sento
Like my mind will explode – come se la mente mi esplodesse
Sometimes I feel – a volte mi sento
Like I’ve got no control – come se fossi fuori controllo
Sometimes I wish – a volte desidero
I had a heart made of steel – di avere un cuore d’acciaio
Sometimes I wish – a volte desidero
I couldn’t feel – di non sentire nulla
Information overload – sovraccarico d’informazione
Information overload
Information overload
Information overload
They say the future, it’s on a microchip – dicono che il futuro stia in un microchip
Don’t you know we’re all on a sinking ship – non sapete che siamo tutti su una nave che affonda
Only ten percent control all the rest – solo il dieci per cento controlla tutto il resto
Only ten percent decide what is best, yes, yes – solo il dieci per cento decide cosa e’ meglio, si’
Information overload
Information overload
Information overload
Information overload
Information overload
Information overload
Information overload
Information overload
I don’t want to live like this – non voglio vivere cosi’
I don’t want to live like this
I don’t want to live like, live like
I don’t want to live like this, no, no, yeah, no
Still ain’t no cure for the summertime blues – ancora non hanno trovato la cura per il mal d’estate (cit. Summertime Blues)
I’d like to shake these blues but I’m still paying dues – vorrei levarmi questo malumore, ma sto ancora pagano gli arretrati
My blues so deep you might think they’re black – la mia tristezza e’ cosi’ cupa che potresti pensare al buio pesto
My blues so deep there ain’t no turning back, back, back – la mia tristezza e’ cosi’ profonde che c’e’ ritorno
Information overload
Information overload
Information overload
Information over overload

Mentre alcuni si incupiscono sui cieli bui…

SOMMARIO PER CHI HA FRETTA:

Chi fosse interessato a confrontarsi sul tema di possibili soluzioni alla mitigazione delle conseguenze derivanti dall’inquinamento luminoso, dedichi dieci minuti di tempo al sito http://www.pibinko.org/buiometria-partecipativa/ e poi scriva a info@pibinko.org se interessato ad approfondire (non la buiometriapartecipativa, ma le possibili soluzioni).

Grazie e buon fine settimana

SE INVECE AVETE PIU’ TEMPO E UNA TAZZA DI TE’

A) Con la diffusione dei dettagli sulla legge di stabilità, ai primi della settimana scorsa, oltre al dibattito abituale su temi come IRPEF e IVA, è stato avviato un confronto piuttosto acceso sulla parte della legge riguardante la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica, battezzata “operazione cieli bui”.

Sono quasi cinque anni che -in collaborazione con altri esperti- seguo molto da vicino la questione inquinamento luminoso, in Italia e in parte al’estero, e la due settimane appena passate sono state una ventata di freschezza.

B) La previsione di una riduzione dell’illuminazione, nella combinazione di riduzione della potenza degli apparecchi illuminanti, delle modalità di accensione e del numero di punti luce, è stata accolta da un parte notevole dell’opinione pubblica e di opinionisti privati con atteggiamenti variegati, ma per lo più caratterizzati da una reazione di “difesa”.

Si è andati dal “mah: è vero che noi ci occupiamo di energia, ma la cosa ci è indifferente“, all’apparente terrore panico: la minore quantità di luce nelle città potrà indurre aumento dei crimini, sindromi depressive, minore fiducia nel futuro e nella possibilità di una ripresa del sistema-paese e così via.

Tutte reazioni in buona parte comprensibili e giustificabili, con il giusto sforzo di analisi.

C) D’altro canto, nemmeno nell’ambito della comunità di esperti e passionisti che da anni studiano e operano nei settori pertinenti al problema -e quindi in più preparati su aspetti tecnici, normativi, su casi analoghi all’estero ecc- la notizia ha suscitato reazioni omogenee.

Essendo in diretto contatto con illuminotecnici, architetti, astrofili, astronomi, pianificatori territoriali, esperti di monitoriaggio ambientale e di manutenzione, che in genere negli ultimi cinque anni hanno operato in modo abbastanza “lineare”, è successo qualcosa di atipico.

Le voci levatesi da parte di persone che da anni (alcuni dal secolo scorso) hanno dedicato tempo, energia e risorse economiche per svolgere attività di ricerca scientifica, formazione, divulgazione, supporto alla definizione di leggi regionali sul tema, ed effettiva professione nel settore, in genere intonate, stanno rispondendo in modo diverso.

D) Per caratterizzare tali risposte sul tema della luce, si potrebbe dire che ci sono stati riscontri corrispondenti a tutto lo spettro elettromagnetico: dal rosso al blu…

  • in verde speranza si sono registrate manifestazioni di esultanza per il fatto che alcuni tra questi esperti hanno potuto, dopo anni di impegno (ribadisco: sia a livello professionale che di passione civile) portare all’attenzione nazionale un problema ambientale reale, assieme a una proposta per risolverlo.
  • in rosso fuoco, commenti adirati…soprattuto in risposta a testimonianze, articoli ed editoriali che mettono in discussione la bontà delle misure proposte dal Governo, con il supporto tecnico di esperti del settore
  • in blu flemmatico: pochi, e ripeto pochi. Pur riconoscendo la portata epocale di un provvedimento che se approvato contribuirebbe a una riduzione di spesa pubblica notevole (anche se non la principale nel contesto complessivo), assieme verosimilmente a una qualche forma di indotto, sono pochi quelli che hanno mantenuto la calma.
  • curiosamente (e senza colore): a fronte di un fatto reale e sostanziale, si è anche assistito al silenzio di alcuni soggetti che, sempre negli anni passati, si erano dati abbastanza da fare per proporsi come riferimento nazionale sul tema, e poi, per il momento, non si sono fatti sentire. …o non era un tema fondamentale ? Ma va bene così e possibilmente alcuni di loro hanno giustificati motivi oggettivi per non aver manifestato una posizione (es. questioni familiari, trasferte all’estero di lungo termine e così via).

E) nella somma di scambi di energia tra i vari pareri dissonanti, il risultato attuale -osservato da bordo campo- è di tutta una serie di soggetti che -a titolo diverso- si stanno effettivamente incupendo al pensiero che l’operazione cieli bui possa andare in porto, o viceversa che possa essere snaturata rispetto agli intenti originari dei tecnici che ne hanno dato lo spunto (si era ai tempi della  spending review, in maggio) .

Ci sono persone che temono di perdere qualcosa avendo “meno luce”, e altre persone che temono di perdera qualcosa  avendo “più luce”: alla fine, pare che tutti in questi giorni stiano diventando un po’ più cupi, al pensiero della prospettiva opposta rispetto alla propria aspettativa.

F) per chi di voi ha meno confidenza con l’elettromagnetismo, ricordiamo anche che la luce, oltre che a fare sì che gli occhi vedano i colori (la parte dello spettro detta “visibile” all’occhio umano), è composta da parti di energia che non si vedono…da un lato si va nel cosiddetto infrarosso (quello dei telecomandi), dall’altra nel cosiddetto ultravioletto (quello per cui servono le creme solari).

Così come chi è dotato delle attrezzature adeguate può “vedere” l’infrarosso, e chi è privo delle protezioni adeguate potrà sentire gli effetti dei raggi UVa e UVb, vi proponiamo per il fine settimana di fare un’escursione in un “parco tematico” legato al tema della luce e della relazione con il cielo notturno.
Il parco tematico si chiama BuioMetria Partecipativa, ed è aperto dal giugno 2008.

La proposta non è accademica o qualunquista: alcuni di quelli che da quasi cinque anni frequentano il “parco tematico” di uno dei principali progetti attualmente esistenti per la sensibilizzazione e la raccolta partecipata di dati sulla qualità del cielo notturno (e quindi in parallelo dell’inquinamento luminoso) ha trovato spunti utili a leggere anche le parti attualmente non visibili di un ragionamento su questo tema.

Non solo: da ormai due anni, oltre ad analizzare e misurare il problema, alcune di queste persone hanno anche iniziato a operare sul territorio, nella somma di attività legate ad associazioni di promozione sociale e di attività professionali. E -per qualche motivo- se ci capita talvolta di incontrare persone incupite per la situazione in cui si trovano, in genere poi,  con il giusto impegno, si trova che queste persone hanno potuto spesso riportare un minimo di “luce”…in alcuni casi anche risparmiando energia elettrica.

H Interessa approfondire? Questo articolo è già troppo lungo. Dovrebbero seguirne altri e -se non bastano o non arrivano con la celerità desiderata- scrivete a info@pibinko.org

Grazie e buon fine settimana!

Branobag aspettando il 3° Festival d’inverno in Val di Farma (-5): What I’ve got

[originale del 3-9-2012 – ripubblicato il 9-12-2018 con qualche aggiustamento]

[sulla base a basso volume di That’s the way I like it di KC and the Sunshine Band]

September morning di Neil Diamond ce la siamo giocata: la passavano all’Hotel Tricolore di Gaida a colazione sabato mattina…

When September ends dei Green Day è -come direbbe Corrado- wild al punto giusto, pur trattando tematiche impegnate (per gli autori). Però per me è un po’ ripetitiva.

Un terzo pezzo, mi viene in mente che fa tipo “…na na na remember…na na in September”, ma non ricordo né titolo né autore…magari viene in mente a voi (se sì, scrivete mail)…..[era Eddy Brickell nda 9-12-2018]

[…alza un poco…that’s the way a-ha a-ha I like it…abbassa]

Caparezza avrebbe detto dieci anni fa “tutto ciò che c’è, c’è già, allora nei webcast mie che si fa ? boh!”.

Ma siccome non siamo dieci anni fa, facciamo che si parte con il settembra lavorativo con un invito, composto da uno che è morto sparato (così mi spiegò l’amico Blair pedalando lungo la baia di Sausalito), ad alzarsi presto la mattina e a non scordarsi dei nonni.

[…du-du-duuu-du-du-du-du-du-du….du-du-duuu-du-du-du-du-du-du….]

… un grande in bocca al lu po(litico) a Gavino che ha ripreso a fare po(litica). Gavi’ nun ce lascia’! Gavi’ nun ce lascia’!

[sfuma KC and the Sunshine Band…]

dei Sublime, accompagnati dal cane dalmata Yuri: What I got.

“What I Got”

Early in the morning, risin’ to the street | La mattina presto, mi alzo verso la strada
Light me up that cigarette and I strap shoes on my feet | mi accendo quella sigaretta e mi allaccio le scarpe ai piedi
Got to find a reason, a reason things went wrong | Bisogna che trovi un motivo per cui le cose sono andate male
Got to find a reason why my money’s all gone | Bisogna che trovi il perché ho finito tutti i soldi
I got a dalmatian, and I can still get high | Ho un dalmata, e posso sempre stonarmi
I can play the guitar like a mother fucking riot | Posso suonare la chitarra come un gran bordello

Well, life is (too short), so love the one you got | Be’, la vita è (troppo corta), per cui amate la persona che avete
‘Cause you might get run over or you might get shot | Ché potreste essere investiti o potreste farvi sparare
Never start no static I just get it off my chest | Non dare mai le scosse – Io me le levo sempre dal petto
Never had to battle with no bulletproof vest | Non ho mai dovuto fare una battaglia senza giubbotto antiproiettile
Take a small example, take a tip from me | Prendi un piccolo esempio, accetta un suggerimento da me
Take all of your money, give it all to charity | Prendi tutti i tuoi soldi, dalli per la carità
Love is what I got | L’amore è ciò che ho
It’s within my reach | E’ alla mia portata
And the Sublime style’s still straight from Long Beach | E lo stile di Sublime viene sempre dritto da Long Beach
It all comes back to you, you’ll finally get what you deserve | E ti torna tutto indietro, alla fine ottieni ciò che ti meriti
Try and test that you’re bound to get served | Provaci e vedrai che ti toccherà essere servito
Love’s what I got
Don’t start a riot | Non cominciate una rissa
You’ll feel it when the dance gets hot | Vi accorgerete quando il ballo si fa caliente

Lovin’, is what I got, I said remember that | Amare è ciò che ho – ho detto ricorda che…
Lovin’, is what I got, I said remember that
Lovin’, is what I got, I said remember that
Lovin’, is what I got

(That’s) why I don’t cry when my dog runs away | Per questo non piango quando il mio cane scappa
I don’t get angry at the bills I have to pay | non mi arrabbio per i conti da pagare
I don’t get angry when my Mom smokes pot | non mi arrabbio quando mia mamma si fuma l’erba
Hits the bottle and goes right to the rock | Si attacca alla bottiglia e va giù a terra
Fuckin’ and fightin’, it’s all the same | Fottere e lottare, e tutta la stessa cosa
Livin’ with Louie dog’s the only way to stay sane | Vivere co Louie il cane e l’unico modo per rimanere sani
Let the lovin’, let the lovin’ come back to me | Lascia che l’amare torni a me

Lovin’, is what I got, I said remember that
Lovin’, is what I got, I said remember that
Lovin’, is what I got, I said remember that
Lovin’, is what I got, I got I got I got

Be’: pensavo di avere qualcosa a che fare con INSPIRE…

Verso la fine del 2006, giusto un paio di settimane dopo aver visto la foto di una famiglia portoghese durante la rivoluzione dei garofani, scrissi agli organizzatori di quella che era un evento di medie dimensioni in ambito tecnologico, che si sarebbe svolto nel giugno 2007: la conferenza INSPIRE.

A partire dal 1997, ho avuto modo di partecipare a questo evento più o meno ad anni alterni. Prima come semplice “uditore”,  e poi proponendo via via contributi sia come presentazioni orali che come poster.

Con dieci anni di questa esperienza, proposi agli organizzatori l’idea di gestire una sessione, anziché una semplice presentazione, che si sarebbe intitolata “E quindi pensavate di non avere nulla a che fare con INSPIRE”.

L’idea derivava dal fatto che il numero di soggetti che utilizzano dati spaziali e infrastrutture dati spaziali,  ma ignorano la direttiva INSPIRE, è molto più ampio di quello che i coordinatori della direttiva riescono a vedere.

Pertanto, la possibilità di gettare un ponte verso comunità come quelle del grid computing (nel 2006: oggi chiamatelo come vi pare), della modellistica meteorologica,  della previsione in tempo reale delle piene in Brasile, o delle bonifiche di siti contaminati da parte di società private mi pareva un’esperienza interessante, avendo anche passato una parte non trascurabile del mio tempo lavorativo per spiegare ai miei dirigenti ed ai clienti l’importanza di INSPIRE nell’ambito dei loro affari.

Il fatto di sapere che la direttiva INSPIRE esiste non è solo aneddotica da lettura del sabato mattina, o chiacchiera da nerd coi parenti a Natale per rassicurarli del fatto che il loro investimento nella vostra laurea non è stato del tutto sprecato.

Implica che tu (sì, tu) puoi avere un ruolo nel risparmiare circa 90 milioni di Euro all’anno per ogni stato membro, nel momento in cui la direttiva sarà completamente operativa. Come dice il mio amico Loriano “Chi li ha persi 90 milioni di Euro?”

Comunque: l’idea piacque agli organizzatori dell’evento del 2007, e mi invitarono quindi a proporre la sessione a possibili autori.

Durante il resto dell’inverno e della primavera passai un po’ di tempo a contattare, per mail, telefono o in riunioni, professionisti che pensavo sarebbero stati interessati a proporre un contributo per la sessione “So you had nothing to do with INSPIRE”.

Come andò la storia? La sessione non si fece. Alla fine riuscii a raccogliere solo due presentazioni: la mia e una dal Brasile. Alcuni ricercatori senior non capivano la natura del mio invito (“questo argomento non è in relazione con il nostro lavoro”), altri, manager del settore privato, non fecero nemmeno finta di dire “ci pensiamo – vediamo quale può essere il fatturato per il prossimo trimestre se ti paghiamo la trasferta per andare alla conferenza”.

Come dissero i primi discografici cui si rivolse Frank Zappa, sentendo il suo materiale: “Nessun potenziale commerciale”.

Comunque proposi una presentazione con lo stesso titolo della sessione. Poi mi presi ferie e mi autofinanziai la trasferta per partecipare alla conferenza. Una copia della presentazione è disponibile in  PDF .

Camminando verso la cena sociale, dissi a uno degli organizzatori che sarebbe stata l’ultima volta che partecipavo. Non perché fossi frustrato dal non aver potuto avere la mia sessione, ma piuttosto perché volevo trovare un contesto diverso in cui proporre alcune idee che mi frullavano per la testa.

Durante lo stesso evento, fui anche invitato dagli organizzatori a tenere una proiezione di un film a budget zero prodotto pochi mesi prima assieme ad alcuni collaboratori (La vendetta del Chihuahua killer e degli Zombi). Ultimo, ma non ultimo, quasi persi il volo di ritorno per l’Italia, avendo dimenticato di sincronizzare tutti gli orologi sull’orario portoghese (ma poi feci in tempo).

Fatta la somma di questi eventi, più la vista di un vecchietto che vendeva sardine lungo una via di Porto, in effetti smisi di seguire la conferenza.

Tutto ciò sino al 2010. Nel mese di febbraio, durante un viaggio in treno da Milano a Follonica per presentare la BuioMetria Partecipativa in uno degli eventi per  M’illumino di meno, ebbi una telefonata dalla banda di INSPIRE. Mi dicevano che ero stato selezionato come facilitatore (a rimborso spese) per uno dei gruppi di lavoro per la creazione delle specifiche dati per la direttiva.

Questa attività mi ha quindi riportato a seguire la conferenza INSPIRE nelle tre edizioni scorse. In questo contesto mi sono trovato sia a tenere presentazioni sullo stato di avanzamento del mio gruppo, ma anche a collaborare in attività diverse, come per esempio un mash-up sulla biodiversità, una  partita di calcetto, e altre attività con livelli di affinità verso INSPIRE non sempre ovvi a tutti (ma molto apprezzati da diversa gente).

Allora…perché passare un sabato mattina a mettere insieme tutti questi ricordi? Un bisogno incontrollato di rabboccare la mia autostima? Un grosso raffreddore che non mi fa uscire di casa? A seguito di una conversazione avuta ieri sera, guidando tra  Parma e Reggio Emilia, ho realizzato che la prospettiva che avevo condiviso nel 2006 non era completamente sbagliata, ma richiedeva qualche aggiustamento (e quindi: era sbagliata).

Gente di INSPIRE (non solo funzionari europei): forza col lavorone che state facendo!

La foto in alto è di Fausto Giaccone, e la bimba alla destra si chiama Maria Emilia e ha più o meno la mia età. Le altre foto sono del sottoscritto (Cagliari, 2005, e Istanbul, 2012)

p.s. Caso mai foste interessati ma non informati:  Frank Zappa a un certo punto decise di creare la propria casa discografica. Secondo me ha prodotto cose immense fino al 1981, e anche dopo non se l’è passata male, e tutto quello che ci ha lasciato fa pensare che stia riposando in buona pace.