Essere nel giro giusto conta. Avere nel giro giusto, anche. Ce lo ricordano film come il fresco Capitale umano di Virzì, oppure l’intramontabile Animal House. Nel prologo del film di John Landis Larry e Kent, neoiscritti al campus e un po’ sfigati, si presentano alla festa di “arruolamento” dell’associazione di stuendi più prestigiosa, la Omega. Mentre cercano di familiarizzare con quelli che sembrano i personaggi più prestigiosi della festa vengono sistematicamente “rimbalzati” dai responsabili della Omega verso l’angolino in cui si trovano “Mohamed, Jugdish, Sidney e Clayton”…un extracomunitario, un non vedente e altri profili di soggetti più o meno socialmente marginali. Insomma: il giro giusto si difende e gestisce i soggetti ritenuti inferiori, confinandoli in spazi controllati. E da questo respingimento si innesca poi il film.
Oggi la ricerca del giro giusto si è riportata, necessariamente, anche nel virtuale. Se Facebook è il grande purgatorio degli “amici” e di quelli che non sanno farsi (o non sanno che ci si può fare) un sito web e quindi aprono pagine FB per avere una presenza in rete, per i professionisti il giro giusto è Linkedin. Partita nel 2003 (quindi poco prima della sua sorellona minore di età ma maggiore di portata), è nata come social network di chi lavora, inizialmente soprattutto nel terziario avanzato, e orientata soprattutto a cercare o ritrovare contatti di lavoro. Scopo nobilissimo sempre, e più che mai nella congiuntura di questo secondo decennio del terzo millennio.
Fin qui, niente di nuovo, mi direte…fino a qualche mese fa.
La mia percezione era che Fèissbucc fosse il grande disco bar caciarone e Lìnkdinn forse il jazz club raffinato, che il sito con le bande blu fosse quello del cazzeggio spinto e quello con le bande grigie fosse quello dove stare composti e indossare la cravatta virtuale, che non si sa mai.
I miei contatti Linkedin erano esclusivamente o colleghi, o clienti del mio impiego presente o passato, o loro contatti professionali diretti.
Negli scorsi 8-12 mesi ho però notato…non voglio sbilanciarmi a dire una tendenza, ma una frequenza crescente di contatti da soggetti che non sono né legati all’ingegneria ambientale né ai sistemi informativi territoriali. Andando a scorrere la lista degli inviti a stabilire un contatto trovo: direttori di strutture di tiro a segno, “soci fondatori e titolari” di se stessi, agenti di commercio, assistenti di chef service, mediterranean district manager di società in settori sulla carta completamente scorrelati dal mio, architetti iunior (con la “i”) e studenti dal Sud Africa.
Come mai prima ricevevo quasi esclusivamente contatti da informatici o esperti di ambiente, e ora mi viene chiesto di entrare in una rete professionale con personaggi così eterogenei e non appartenenti a ordini professionali affini al mio corso di laurea? Obbrobrio! Non è possibile! O Magnifico Rettore, aiutami a conservare il giro giusto!
Parlavo di questo fenomeno con un noto DJ, molto attento ai social network. Secondo lui “tempo due anni e Linkedin sarà morto”, non nel senso che sarà chiuso, ma nel senso che non sarà più un differenziatore tra chi sta in rete sociale per lavorare, e chi ci sta per non lavorare e che il giro giusto che Linkedin può rappresentare per un professionista sarà svalutato, perché -come nelle discoteche di un certo livello- la selezione all’ingresso sarà più lasca, e quindi l’ambiente si sarà degradato…non sarà più il giro giusto.
Mentre starete cercando inevitabilmente il prossimo social network d’élite (Ying? Rand? Callme? Whatsdown? Ciùffola? Ermejoz?), considerate anche anche un’altra visione della cosa: forse è l’ora di trovare mestieri in cui è possibile un ingegnere ambientale collabori con un direttore di tiro a segno, un badante, un manager di alto livello e due ballerine. Se avete visto da poco Il Capitale umano, provate a rivedere Animal House, e pensiamoci nel frattempo.
They tried to make me go to rehab but I said, “No, no, no” Yes, I’ve been black but when I come back you’ll know, know, know (Amy Winehouse, citata da Virzì)